Il
Partigiano Dartagnan
Capitolo
primo
Capitolo
Secondo
Capitolo
Terzo
Capitolo
Quarto
Famiglia Cotti
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Camminavamo
da circa una decina di minuti, quando un rumore di passi
striscianti ci fece arrestare col cuore in gola. Ci
immobilizzammo. I passi avanzavano verso di noi, incontro a
noi; qualcuno camminava sull'argine del canale.
Presi il coraggio a due mani e gridai: - Chi va là? - Quella
persona dovette prendersi un gran spaghetto, perchè
lo sentimmo borbottare qualcosa, poi con una voce incerta
disse più forte: - Sono io! - Io chi sarebbe? - Chiese uno
dei miei compagni.
Era il casellante, che ritornava dal servizio.
Avute
queste informazioni decidemmo di lasciarlo proseguire.
Il casellante s'incamminò, ma fatti alcuni passi, si volse:
- Ma voi chi siete? - Polizia! - Lo sentimmo ancora
brontolare chissà cosa. Proseguimmo il cammino.
Giunti al ponte prospiciente la garitta, ove stavano
di guardia "i polizai", lo attraversammo
carponi e scendemmo dentro l'argine del canale, poi,
pian piano, fatte alcune centinaia di metri,
risalimmo ed attraversammo, ventre a terra, la
ferrovia e ci gettammo in un fosso laterale. Questo
ci guidò proprio sotto la garitta dalla parte
posteriore e lì, di nuovo riuniti, decidemmo il
piano dell'ultima fase d'attacco.
A me toccò la finestrella posteriore da guardare con
la mia pistola scarica, all'altro la finestrella
sinistra ed al terzo, che aveva la Beretta, la porta
d'entrata. |
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I
'polizai' |
Strisciando sull'erba, ci portammo ognuno ai propri
posti e, già stavo per dare il segnale d'attacco,
quando dalla strada vicina giunse un rumore di passi
e di voci.
Ritornammo precipitosamente nel fosso provvidenziale
(benchè fosse pieno d'acqua).
Era il cambio della guardia.
Per un buon quarto d'ora stettero a parlare ed a
discutere, mentre noi con l'acqua al ginocchio
sbuffavamo d'impazienza. Ma infine le guardie
smontanti se ne andarono.
Tutto
ritornò nel silenzio normale. Era giunto il momento
di fare il colpo.
Ci
dividemmo per andare ognuno al suo posto e quando vi
giunsi m'affacciai al finestrino posteriore, già il
mio compagno aveva raggiunta la porta e stava in
quel momento gridando: - Mani in alto!
Vi fu un certo tramestio dentro la garitta e sentii
uno che diceva sottovoce ad un altro: - Presto,
dammi il moschetto! - Il buio era completo, non ci
si vedeva un accidente ma, risoluto, misi la pistola
dentro al finestrino e gridai: - Arrendetevi, siete
circondati! - La violenta luce di una torcia
elettrica mi investì in pieno, ma col cappello sugli
occhi, il fazzoletto rosso sul resto del viso, la
mia "terribile" pistola col grilletto alzato, feci
certamente una brutta impressione sul malcapitato
illuminatore, perchè subito la luce della lampada si
volse al soffitto.
Prendemmo le armi e filammo.
Zanetti appoggiò alla garitta il ramo di pioppo
dicendo: - Vi lascio il mitra. -
Il
colpo era riuscito! E mentre ci ritiravamo, Dante
Zanetti ebbe un'uscita felice dicendo a mezza voce,
ma che tutti sentissero distintamente: - Al camion!
- Dando così l'impressione che si fosse in tanti e
che si venisse da lontano.
Infatti il giorno dopo s'imparò che una grossa
formazione di ribelli con automezzi, armati di
mitra, mitragliatrice e bombe aveva assalito e
disarmato un gruppo di "Polizai". |
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Un
ribelle |
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Dalla
stazione di Persiceto a quei tempi vi era una linea
secondaria, chiamata Veneta, che univa al Capoluogo
la frazione di Decima, da cui si giungeva a
Crevalcore e a Cento.
Durante la guerra questo tronco era in disservizio e
serviva solo ai tedeschi come parcheggio ai convogli
già pronti per la Germania, ma anche per dare
precedenza ad altri più urgenti, restavano in sosta,
a volte poche ore, a volte decine di giorni ed
essendoci all'Accatà un tratto di strada, che si
univa a Via Permuta e che chiamasi proprio Via
Accatà, i tedeschi erano costretti a lasciare un
tratto libero dai loro convogli.
Un giorno (nella primavera 1944), passando per Via
Accatà, proprio nel carro terminale di un convoglio
contro la strada, vidi installata una mitragliatrice
pesante, forse stava per essere trasferita? Forse
era avariata?
Ci riunimmo subito a casa di Serrazanetti Alessandro
(Tito) assieme anche a Scagliarini Mario. Decidemmo
di tentare il recupero di quell'arma che, anche se
guasta, avremmo poi trovato il modo di riaggiustare.
Andammo in due, Tito ed io.
Quella sera c'era la luna, passando per i campi ci
avvicinammo strisciando carponi e notammo che vi era
un tedesco di guardia, ma chiaramente non faceva
solo la guardia alla mitragliatrice, ma a tutto il
convoglio, poichè con il mitra pronto, guardingo,
percorreva il convoglio di circa 200 metri,
dopodichè passava dalla parte opposta, facendo lo
stesso tragitto a ritroso.
In un attimo mi accordai con Tito.
Io
sarei andato sul carro e lui avrebbe preso l'arma,
che gli avrei allungato.
Così
facemmo.
Aspettai che la sentinella alla fine del convoglio
passasse dalla parte opposta, con un balzo fui sul
carro, vi era anche un nastro di munizioni che da
giù non si vedeva, allungai prima il nastro poi
l'arma.
Sparimmo in un istante.
Credo che da quel momento il nostro gruppo fosse il
meglio armato del Comune. |
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S.A.P.
con mitragliatrice |
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