Il Partigiano Dartagnan       

 

 


 

 

 

Il Partigiano Dartagnan

Capitolo primo

Capitolo Secondo

Capitolo Terzo

Capitolo Quarto

Famiglia Cotti

 

Rocca Corneta

Oltre al bivio della Masera, là dove la cresta della riva che nasce dal Cimone, scende fino a portarsi all'altezza della strada, si trovavano alcune case ed una vecchia rocca, chiamata appunto Rocca Corneta.

D'accordo con il comando alleato dovevamo attaccare quella fortezza che, praticamente, dominava il bivio.

Anche in questa occasione, all'ora stabilita, attaccammo ed in breve volgere di tempo l'occupammo con poche fucilate, poichè ai tedeschi strategicamente interessava in modo relativo.

 
   
C'eravamo da poco installati, stavamo studiando la maniera di fortificarci, quando d'improvviso, c'investì una gragnola di cannonate. Era un fuoco tambureggiante, proiettili di tutti i tipi si abbatterono sulle porte delle abitazioni e quindi su di noi.

Ma dove hanno preso tanti cannoni í "crucchi" (tedeschi)? - ci chiedevamo. Non si poteva resistere. Restare a Rocca Corneta voleva dire morte certa per tutti.

Ci mettemmo in contatto con il comando, comunicando che rimanere significava il nostro annientamento. - Sgombrate! - fu l'ordine e sempre sotto a quell'infernale cannoneggiamento ci ritirammo. Arrivati a Lizzano apprendemmo che chi sparava era l'artiglieria alleata. Un ordine sbagliato? Mah! - Comunque quella rimase terra di nessuno.
Il nostro comandante generale Armando, a novembre, fu chiamato a Roma dal governo italiano allora in carica e gli fu consegnata la bandiera; ufficialmente, da quel momento, eravamo truppe d'assalto del rinato esercito italiano. Gli fu conferito il grado di Generale, tutto in forma solenne, sull'Altare della Patria, vennero riconosciuti tutti i gradi ai componenti la brigata: ufficiali, sottufficiali, graduati. Non solo Armando fu ricevuto a Roma, ma anche altri comandanti partigiani, come Bulov che operava verso la Romagna.
Durante il ritorno, su macchina italiana con la bandiera e tutti i lasciapassare in regola, Armando, arrivato a Firenze, fu arrestato con tutta la scorta, dalla polizia alleata e messo in prigione. Forse perchè era comunista? Forse per errore?
La notizia arrivò a Lizzano come una bomba, tutti i partigiani si portarono davanti al comando alleato, armati di tutto punto, urlan¬do:
- Armando libero, Armando con noi! - Fu una manifestazione imponente. Uscì un ufficiale trafelato - Calma ragazzi, calma! - disse - è stato senz'altro un errore, fin d'ora vi chiedo scusa a nome del comando e già mi sono interessato per chiarire il disguido.
Due ore più tardi Armando era fra noi, riunì tutti i partigiani e, dopo aver ringraziato per la mobilitazione, illustrò il risultato dell`incontro col governo italiano. Per quanto riguardava l'arresto la polizia americana aveva chiesto tante scuse anche a lui, poi l'aveva scortato fino a Lizzano.
Fu concordato con gli alleati che noi avremmo tenuto un tratto di fronte in rappresentanza dell'esercito italiano e che essi stessi avrebbero accettato di considerarci cobelligeranti.
Oltre al nostro settore a proseguire il fronte vi erano í neozelan¬desi e per tutto l'inverno trascorremmo tre giorni in prima linea e tre giorni a riposo in paese.
Nei tre giorni al fronte avevamo scelto alcune case in prossimità delle postazioni, nelle quali si mangiava e, quando tutto era calmo, a turno si poteva anche dormire. Di notte si costituivano pattuglie di ricognizione, come avveniva anche fra i tedeschi, nella terra di nes¬suno e quando due di esse si individuavano o anche solo una veniva scoperta da una postazione avversaria, d'incanto il cielo s'illuminava di bengala e ne nasceva una sparatoria infernale con tutte le armi: caratteristiche erano le raffiche di mitragliatrice che, ogni dieci proiettili ne avevano uno tracciante, sembravano una serie di grosse lucciole che sí rincorrevano per cercare un bersaglio.
Durante il congiungimento con gli alleati molti partigiani si erano congedati. Fu quindi necessario il riordino e il rinquadramento dei rimanenti. Io ero comandante alla compagnia Morselli, ero rimasto poichè la pleurite, anche senza molte cure, era alquanto migliorata;
non avevo febbre e non sentivo più quella specie di pesantezza sotto i reni.

Ogni tre giorni quindi si partiva da Lizzano e si andava in prima linea e, come già detto, giorno e notte si intercalavano quattro ore dí guardia e altrettante di relativo riposo nelle case già menzionate; vi era un coordinatore sul posto. Anche qui al comandante era asse¬gnato un locale apposito, al piano terra della scuola della Querciola, riparato da un ampio terrapieno scavato nella montagna; nell'inter¬no vi era un tavolino, su di esso il telefono e la radio trasmittente.
Il telefono era collegato con tutte le postazioni di prima linea, con il comando generale di Lizzano e con gli alleati, per tutte le necessità quali: artiglieria, aviazione...
Un mattino, dopo esser stati svegli tutta la notte, ío al telefono, Serrazanetti di guardia, mi feci sostituire dal vice per un po' e con Serrazanetti ci recammo al piano superiore per riposare qualche ora. Per terra ví erano due reti metalliche da letto, solo appoggiate, senza alcun rialzo; ci sdraiammo sopra e in pochi attimi cí si addormentò.
I tedeschi, chissà per quale ragione, incominciarono a sparare con i mortai; ci svegliammo, ma non ci demmo peso, poichè il proiettile del mortaio, scendendo verticalmente avrebbe colpito il tetto e noi avevamo altri due piani sopra il nostro, perciò ci riaddor¬mentammo. Dopo un po' íl risveglio improvviso, tutta la casa aveva tremato, guardammo dalla parte del Belvedere e notammo che dal muro, subito sotto alla finestra, vi era un buco dí una quarantina dí centimetri di diametro. Cí guardammo in faccia. - C'era quando siamo saliti? - Non mi sembra - fu la risposta, e nel contempo uno strano odore. La camera era vuota, guardammo sotto di noi, fra la rete e il pavimento vi era un proiettile lungo una quarantina di centi¬metri, la spoletta mezza. rotta emanava uno strano odore. Ormai era fatta, l'avevamo scampata bella, ma poichè sapevamo che non era un proiettile a tempo, ci rigirammo a dormire.
Dopo due mesi di prima linea nella zona della Querciola, gli alleati ci inviarono a Pescia per un periodo di riposo. La formazione Morselli, che io comandavo fu installata, come tutte le altre in abita¬zioni civili sufficientemente capienti.
Il proprietario del fabbricato che ci fu assegnato era un professo¬re insegnante a Pescia. Ci mise a disposizione una camera grande che, molto probabilmente, in tempo di pace, fungeva da sala da pranzo ed una camerína normalmente adoperata dalla più piccola delle figlie, di quattordici-quindici anni.
Portammo nella stanza grande una trentina di brande, fra l'una e l'altra si passava appena, nella più piccola mettemmo il cuoco con la moglie.

La ragazzina, quando seppe che nella sua camera avrebbe dormi¬to una donna, andò su tutte le furie, non voleva assolutamente; mi mandò a chiamare, esigeva a tutti i costi che ci andassi io.
In tutti gli eserciti i comandanti dormono e mangiano da soli, hanno anche l'attendente e il loro compito è quello di dare ordini, oltre che "trattare da fessi i subordinati". Quelle persone non aveva¬no capito che cosa significasse essere partigiani, ex ribelli. Spiegai quindi che ero partigiano come tutti gli altri, che fra noi non vi erano differenze e perciò avrei dormito e mangiato assieme agli altri. Chiarii anche che la donna che andava a dormire nella camera della ragazza non era una partigiana qualunque, ma regolarmente sposata e vivente con il marito. La convinsi, specie mettendo in evidenza le azioni militari effettuate dalla donna unitamente ad altre tre, che per alcuni mesi erano state con noi, sostenendo i combattimenti e i disa¬gi come tutti.
Dopo pochi giorni venne a mancare il comandante di battaglione (per postumi di una ferita). Il comando generale riunì tutti i coman¬danti di formazione, i vice comandanti e i commissari per eleggere il sostituto. Fui eletto all'unanimità comandante del 1° battaglione.
Dopo l'insediamento, sentii il dovere di visitare tutte le formazio¬ni che ne facevano parte ed intrattenermi coi partigiani per cono¬scerci meglio. Le formazioni erano la Morselli, la Ruozzi, la Piccoli, la Tabacchi e la Roveda; quest'ultima era la più distante, accantonata ín un castello vero e proprio, con merli e torrione.
 

 

 

   
   
 

 

   
   
 

 

 

  

 

 

 

 

 

Brigate Garibaldi - Divisione Armando - Il Comandante di Battaglione Tenente Dartagnan (Alberto Cotti)