Il
Partigiano Dartagnan
Capitolo
primo
Capitolo
Secondo
Capitolo
Terzo
Capitolo
Quarto
Famiglia Cotti
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Campo di contumacia
Ad Udine, dove arrivammo, vi era una zona in cui,
per un mese si rimaneva isolati; le autorità
dicevano, per eventuali malattie, ma molto
probabilmente per farci rimettere un po' dopo la
tremenda esperienza.
All'entrata del campo contumaciale si faceva il
controllo di tutto il materiale avuto in consegna
alla partenza: fucile, giberne, indumenti, scarpe...
I capi avuti in consegna, all'arrivo venivano
addebitati, se mancanti. |
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A me
vennero meno due paia di calze e l'equivalente mi fu
trattenuto dalla decade (decade è la cifra che
riceve il soldato in dieci giorni).
Dopo la contumacia avemmo tutti un mese di licenza con un premio di
smobilitazione di lire mille.
Presi il treno a Udine, era pieno zeppo di
militari, ma anche di civili, che dai centri
urbani si spostavano verso le campagne per
vedere di poter racimolare qualcosa da
mangiare; tutto era cercato: cavoli,
insalata, ravanelli; i più fortunati
riuscivano a comprare qualche patata o un
po' di farina, ovviamente a mercato nero,
ossia non a prezzo corrente, ma alla cifra
stabilita da chi vendeva.
Questo per tutto il viaggio; c'era chi,
inoltre, entro la valigia, aveva sistemato
un recipiente di metallo per trasportare di
nascosto l'olio. |
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Il
caos era generale, la 1°, la 2° e la 3° classe erano
letteralmente assaltate.
In 3° classe ove i militari erano obbligati, non si
entrava, tutto pieno zeppo.
Andai in 1°, il viaggio procedette bene fino nei
pressi di Firenze, poi salì un controllore,
vedendomi, venne subito, primo per elevarmi
contravvenzione perchè ero in 1° classe, poi per
mandarmi subito in 3°.
Feci notare che lì non vi era posto - Non ha
importanza - disse - questo è il regolamento e lei
deve rispettarlo, altrimenti, oltre alla multa,
paghi il biglietto maggiorato. - Acconsentii, mi
diede la ricevuta dell'ammenda più il biglietto, io
avevo dato a lui tutti i connotati che mi
riguardavano, alla fine dissi: - Non ho soldi.
- Guardi che la denuncio - Rispose - Che vuole
mandarmi al fronte? Vuole mandarmi in Russia? sono
appena tornato! - Ma non pagai.
- Mi mandi il conto al comando - Aggiunsi.
S'allontanò, parlando di regolamento fra sè e sè,
poichè anche i presenti presero posizione in mio
favore, facendo anche la voce grossa.
Il controllore avrebbe riferito al comando tappa.
Eravamo ormai vicino ad Orte quando in piena
campagna il treno si fermò.
- Allarme - dissero - Scendere dal treno! - Poichè
si pensava che sicuramente sarebbe stato attaccato;
invece no, due apparecchi a bassa quota stavano
lanciando manifesti propagandistici, descrivevano
varie sconfitte dell'asse, facendo appello al popolo
perchè cacciasse Mussolini.
Si citava anche Stalingrado, al che un milite
sentenziò: - È tutta propaganda. - Non risposi, dopo
la Russia non mi sorrideva l'idea di essere
denunciato per disfattista.
Si riprese la marcia e fino a Roma non avvenne
altro.
Tornai quindi a Roma. |
Quanti
imboscati!
Tutti quelli della mia classe che avevano avuto
conoscenze non si erano mai mossi dalla città,
militari a Roma, dormire a casa, tecnici
indispensabili, funzionari ai Ministeri, dirigenti
di organismi per mandare i militari ai vari fronti.
Siccome ero modellista in un'officina militare, feci
domanda di esonero ed a maggio lo ebbi. Tornai a
lavorare all'Ottica.
Il 25 luglio 1943 quindi ero a Roma e vidi, senza
prenderne parte, quelle manifestazioni contro il
fascismo che culminarono nell'abbattimento delle
statue di Mussolini, nella sparizione in un giorno
di tutti i quadri del Duce che prima si trovavano
ovunque: uffici, ministeri, sindacati, scuole
(tutte, in ogni aula ce n'era uno).
Si davano bastonate ai tram poichè sulle fiancate
era dipinto il fascio.
Fu lo sfogo di un giorno, in quanto tutti i problemi
restarono: la guerra che, oltre al fronte, si faceva
sentire con i bombardamenti ovunque, la fame per cui
molte volte si andava a letto, dopo aver cenato
soltanto con l'acqua di una fontanella pubblica... |
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