Il
Partigiano Dartagnan
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Quarto
Famiglia Cotti
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A queste adunate bisognava andare,
diversamente si sarebbero presi dei provvedimenti nei confronti dei familiari.
I genitori dovevano comprare ai ragazzi la divisa, consistente in un
paio di calzoni corti (alle famiglie povere
la divisa veniva data dal regime, affinchè
non ci fossero scuse), di color grigio verde militare di allora, un
paio di calzettoni, la camicia ed il fez, specie di
sacchetto rivoltato, dal cui centro pendeva un
nastro, terminante con un fiocco che, mentre si
camminava, continuamente faceva un movimento
oscillatorio, quasi fosse un pendolo da una parte
all'altra all'altezza delle spalle.
Il tutto era
rigorosamente di color nero.
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Balilla |
Con il passare degli
anni si continuava intensificando le esercitazioni anche al sabato
pomeriggio (definito sabato fascista): come avanguardisti, giovani fascisti,
poi premilitari ed infine ci si
avvicinava alla chiamata di leva. Sabato fascista
in quanto non si lavorava, si andava nel cortile di
una caserma e, all'ordine del capo, figlio di titolare
d'azienda, dovevamo, dopo uno
scrupoloso appello, marciare e rimarciare per ore.
Va detto che l'istruzione militare era sempre e solo
costituita da marce.
Sul finire del
1937 mi portai a Roma, ove già da anni vivevano
mio padre, un fratello ed alcuni miei parenti; feci
domanda di lavoro presso
un'azienda governativa ed essendo avanguardista
(possedevo un documento indispensabile per lavorare), fui assunto
immediatamente.
Nell'autunno del 1938 si tenne un incontro fra Mussolini ed Hitler a Roma.
Grande fu la preparazione per quest'evento.
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Esso doveva sancire
un'amicizia del nostro regime con quello nazista, poichè effettivamente erano gemelli, avendo il
Fhurer copiato dal fascismo sia la presa del
potere che il comportamento, cioè l'eliminazione
fisica degli avversari politici, come era avvenuto
da Matteotti fino alle persone più
umili. Venne dunque Hitler ad incontrare Mussolini,
e fra i preparativi per riceverlo, dal Brennero fino
a Roma, in tutte le case che fiancheggiavano la
ferrovia, furono scritte parole fatidiche come:
"E' l'aratro che traccia il solco, ma è
la spada che lo difende"
oppure:
"Solo Dio può
piegarci, gli uomini e le cose mai"
"Credere, obbedire, combattere"
con a
destra una grossa " M",
che stava per Mussolini.
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Mussolini e
Hitler |
Addirittura i gerarchi persicetani, per
dimostrarsi anch'essi zelanti, presero un
grosso granchio, scrivendo nella fiancata
di Porta Garibaldi, quella a nord del Paese: "Tu
sei tutti noi". La scritta vi rimase per
molto tempo, la vidi anch'io quando tornai a
Persiceto. A quel tempo Porta Garibaldi era adibita
a carceri mandamentali, vi erano rinchiusi i ladri, i truffatori... "Tu
sei tutti noi"!
Altro provvedimento preso per il passaggio di Hitler fu
l'arresto di tutti quelli notoriamente antifascisti e
specialmente di coloro che erano stati
socialisti per il passato.
Lungo il tratto che va dal Brennero a Roma vi erano case coloniche,
all'epoca, avendo quasi tutti i contadini delle
mucche, si ammassava il
letame così come da anni veniva fatto. Il regime
ordinò che ogni letamaia, visibile dalla ferrovia, venisse ben
squadrata e verniciata di bianco: l'Italia fascista voleva apparire un
giardino. Hitler fu fatto
scendere alla stazione Ostiense e prese posto sulla
macchina scoperta, insieme a Mussolini, in piedi, con il
braccio teso per il fatidico saluto.
L'auto
procedeva a passo d'uomo, per permettere
la visione delle bellezze storiche della città:
porta San Paolo con la piramide di
marmo, l'arco di Costantino, il Colosseo, via
dell'Impero e piazza Venezia, ove maestoso si erge l'Altare della
Patria.
Quindi entrò a Palazzo Venezia, sede del Duce dove
c'è quel balcone, dal quale tante volte egli si era
affacciato per parlare agli italiani.
Lungo
tutto il tragitto, ai lati della strada, erano stati
costituiti dei giganteschi tripodi, sorreggenti un bacile
rotondo di due metri circa, da accendere alla
sera.
Alla vista apparivano di travertino
massiccio, ma in realtà erano di trucciolato
pressato.
Io allora ero occupato come modellista all'ottica meccanica
italiana con sede oltre la basilica di S. Paolo (1.200
dipendenti).
Ero avanguardista come tutti
quelli della mia età là occupati.
Il nostro
capo-gruppo era il figlio del titolare dell'azienda, come già
accennato.
Fummo comandati a comporre la guardia d'onore per il
passaggio dei due gerarchi.
L'adunata fu alle tre di notte.
In
divisa impeccabile, il capo gruppo fece l'appello, non mancava nessuno;
l'assenza lo si sapeva comportava il licenziamento.
Venne distribuito ad ognuno
un moschetto, vero questa volta, non un fac-simile
come ai balilla, però senza munizioni.
Fummo portati al posto a noi
assegnato e scaglionati ai lati della strada; eravamo la guardia d'onore.
Rimanemmo in attesa fin quasi a mezzogiorno,
quando il capogruppo diede il presentat-arm,
sull'attenti, con baionetta in canna.
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Restammo sull'attenti per un'ora,
imprecando e mandando ad entrambi
accidenti ed altro.
Solo alle tre del pomeriggio si
fece colazione.
I due gerarchi rimasero a Roma alcuni giorni, quindi Hitler ritornò in Germania.
Il nostro unico vantaggio (per modo di dire) si rivelò che la giornata
ci fu regolarmente retribuita.
La domenica mattina continuava l'esercitazione incominciata alla scuola elementare e, siccome il capo gruppo
era sempre il figlio del direttore
generale dell'officina, per ogni assenza si veniva
multati di due ore di lavoro. |
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Mussolini arringa la folla |
Le masse oceaniche che nelle varie occasioni il regime
riusciva a portare sulle piazze erano una realtà, alcuni aspetti però non
noti contribuivano, e non poco, a queste affermazioni. La
disoccupazione era la principale: essere presenti o essere
licenziati. Vi erano, per la verità, anche
persone in buona fede, che credevano realmente
nella potenza delle nostre armi (dieci milioni di
baionette), ma quelli che,
fanaticamente, dicevano a noi giovani di credere,
obbedire, combattere, erano tutti arrivisti, intrallazzatori, alti
truffatori. Pur essendo noto,
non si poteva dirlo, pena l'arresto, il manganello,
l'olio di ricino come ai tempi della marcia su Roma.
In occasione
dunque della venuta di Hitler si fece il patto
d'acciaio che poi ci portò alla guerra.
Quell'incontro servì
per la puntualizzazione dei piani. Poi il
Fhurer se ne ripartì ed in breve se ne constatarono
i risultati. Attuando l'ennesima provocazione, i
nazisti invasero la Polonia, essa aveva un patto di
alleanza con la Francia e l'Inghilterra, quindi automaticamente fu
la guerra. Pochi mesi dopo l'attacco alla Polonia,
Hitler invase l'Olanda e il Belgio, da qui aveva
aperto la porta per la Francia; ormai i tedeschi
erano a Parigi, la Francia era piegata.
Mussolini voleva essere presente alle future
trattative di pace, aveva paura di
arrivare tardi e si apprestò ad entrare in causa
(gli occorrevano alcune centinaia di morti da portare al
tavolo delle trattative).
Quando il Duce quel pomeriggio del 10 giugno dal
balcone di palazzo Venezia dichiarò la guerra, fin dal
mattino in tutte le officine
di Roma e della periferia vi fu la mobilitazione
delle maestranze ed alle ore 14,
tutti inquadrati, si dovette andare a Piazza
Venezia.
Già "í grossi papaveri" sussurravano che presto l'Italia avrebbe
preso parte al conflitto, il regime aveva convinto molti
che sarebbe stata una cosa
breve e sicura, poichè l'Italia era una grossa
potenza a cui nessuno
poteva far fronte; avevamo quei fatidici dieci
milioni di baionette in
quella occasione come al solito. Il regime aveva
lavorato
ili tutte le direzioni, negli uffici pubblici di
tutti i paesi intorno a
Roma, nelle scuole, in tutte le caserme perchè effettivamente quel
pomeriggio vi fosse una massa enorme in Piazza
Venezia.
Nel primo pomeriggio il cielo si fece cupo, sembrava che da un momento
all'altro dovesse scoppiare un temporale, l'aria era pesante, pareva un brutto presagio, ma poi non piovve e anche
i grossi nuvoloni piano piano sparirono. Alcune donne svennero e non solo
donne, difficoltoso era il portarle fuori dalla calca. |