Il Partigiano Dartagnan       

 

 


 

 

 

Il Partigiano Dartagnan

Capitolo primo

Capitolo Secondo

Capitolo Terzo

Capitolo Quarto

Famiglia Cotti

 

Usciti dal cerchio tedesco a Montefiorino c'installammo alla Rocchetta, ma fu una permanenza breve, una sera si partì e, dopo la solita lunga marcia, si arrivò a Sasso Guidano, luogo questo in cui rimanemmo una ventina di giorni.

Durante la giornata facevamo camminate a piedi fino a Verica, paesino di una certa consistenza a sette Km da Pavullo.

La mulattiera che si percorreva era incassata allora nella montagna, tanto che quando pioveva, serviva anche da scolo delle acque piovane.

Ai lati vi erano due grosse siepi, per tutta la lunghezza in agosto e in settembre erano piene di more, così avevamo anche la frutta.

    Partigiani di pattuglia
Alla sera si dormiva in un grande fienile ed essendoci molto fieno si poteva farne un rotolo da usare come cuscino anzichè il solito zaino delle bombe a mano, che ovviamente era più duro e scomodo.
Quasi tutte le sere, prima di dormire, disposti gli uomini di guardia, tutti gli altri intonavano canzoni partigiane.
Io non cantavo, i miei compagni non volevano perchè avrei rovinato tutto, effettivamente per il canto sono sempre stato la negazione.
Non cantavano "Bella ciao" perchè la canzone è uscita a guerra finita e originata
dalle mondine, ma altre; di una ricordo ancora le strofe che erano:

Noi siam la tenaglia possente
Noi siamo chi suda e lavora
Finiam di soffrire che è l'ora
Finiam di soffrire che è l'ora
O ladri del nostro sudore
Il sangue dei servi già freme
Spezziam le servili catene
Insorgiamo che giunta è la fin
Insorgiamo che giunta è la fin

Non più vagabondi e signori
Non più proletari e padroni
Il pane ad ognun che lavori
Il pane ad ognun che lavori
Uguaglianza e giustizia vogliamo
Al mondo siam tutti fratelli
Noi siamo le schiere ribelli
Insorgiamo che giunta è la fin
Insorgiamo che giunta è la fin.

Ogni tanto il comando ordinava delle missioni notturne con i compiti più svariati.
Una sera fui comandato in missione assieme ad un partigiano della zona, che conosceva molto bene i luoghi.
Il comando ci diede una ricevuta da consegnare a chi ci dava un determinato pacco, da portarsi poi al comando generale. Girammo sulle creste delle montagne, poi per sentieri, mulattiere, al buio.
Effettivamente il mio compagno doveva essere di casa, era un fenomeno nell'orientarsi e nel prevedere anche i sentieri che avremmo trovato più avanti.
Arrivammo ad un paese, qui vi erano dei tedeschi, dovevamo avere la massima prudenza, poichè il comando si era raccomandato di non provocare, anzi di evitare, nel modo più assoluto, sparatorie in quel paese.
Tutto era calmo, facemmo un giro di ispezione, per studiare il posto, dopo di che, trovata la casa, bussammo.
Ci fu risposto, demmo la parola d'ordine, la porta si aprì ed in un attimo si richiuse.
Al lume di una candela facemmo la firma su quel "buono" datoci dal comando (ovviamente col nome di battaglia e io firmai "Dartagnan"); ci fu consegnato un pacco, salutammo e dopo un attimo eravamo di ritorno.
Era circa un'ora che si camminava su una strada mulattiera quando distintamente sentimmo il passo di molte persone che ci venivano contro, subito ci sdraiammo uno da una parte e l'altro dall'altra della mulattiera. Demmo un forte:
- Chi va là?
- si sentì un tramestio velocissimo, poi silenzio.
Dal buio una voce secca disse: - Partigiani! Avanti uno con le mani alzate. - S'avvicinò un'ombra, il mio compagno s'alzò, andò incontro a quell'ombra.
Si riconobbero, era una pattuglia partigiana in perlustrazione, ci stringemmo la mano, augurandoci buona notte.
Non vi furono altri incidenti.

Portammo al comando il pacco, tornammo alla formazione e finalmente ci mettemmo a dormire che già albeggiava.

Non tutte le missioni erano simili.
A volte si correvano grossi rischi.
Il Comitato di Liberazione Nazionale condannò a morte un criminale, non so se fosse un federale o quale carica ricoprisse a Modena, comunque era responsabile di diversi eccidi e famoso come torturatore.

Due modenesi, pratici di tutti i meandri della città di Modena, furono comandati di eseguire la sentenza e nel modo più assoluto di ritornare immediatamente in formazione: non indugiare un attimo di più a Modena.

   Preti e partigiani
Partirono da Montefiorino e senza intoppi arrivarono in città, così anche davanti alla porta della casa predestinata, suonarono e dall'interno per uno spioncino furono guardati, ma siccome i due incaricati erano in una divisa fascista impeccabile, compresi i gradi, vennero fatti entrare immediatamente.
- Siete voi il camerata?... (nome e cognome) -
Alla risposta affermativa eseguirono l'ordine lì sulla porta.
Poi, siccome avevano entrambi la fidanzata, vi si recarono, dandosi appuntamento al mattino successivo.
Sempre in divisa, inforcarono le rispettive biciclette e, distanziati uno dall'altro, iniziarono il viaggio di ritorno per la Via Giardini.
Fatti alcuni chilometri, ad una svolta della strada trovarono un posto di blocco.
Cercare di evitarlo era ormai impossibile, continuarono la loro marcia, come d'accordo, distanziati.
Il primo passò in mezzo alla brigata nera, fece un saluto e tutto andò liscio, così pure il secondo, soltanto che ad un centinaio di metri più avanti, chissà per quale ragione, uno della brigata nera, che si era allontanato, stava facendo ritorno nel gruppo.
Conoscendo il secondo partigiano gli intimò di fermarsi, questi si arrestò, appoggiò la bicicletta in terra e con un balzo fu addosso al brigatista.
   Partigiani impiccati dalla brigata nera
Ne nacque una colluttazione. Quelli del posto di blocco non si mossero, credendo fosse una lite fra commilitoni.
Il partigiano estrasse la pistola, l'altro fu lesto ad afferrarlo al polso ed essendo più robusto, teneva il pugno armato rivolto in basso.
Gli attimi passavano, quelli del posto di blocco, ancora indecisi sul da farsi, lentamente si stavano avvicinando.
Il partigiano, non sapendo che fare, premette il grilletto; un colpo partì, colpendo la sua gamba.
Il brigatista rimase per un attimo interdetto, ciò gli fu fatale, perchè il partigiano, sentendosi allentare il polso, velocissimo alzò l'arma e fece partire un secondo colpo nella fronte del brigatista, poi velocissimo, inforcò la bicicletta e, prima che quelli del posto di blocco si rendessero conto di cosa era successo, era ormai lontano.
Abbandonata la strada, insieme al compagno per boschi e macchie tornò in formazione, dopo essersi fasciata la ferita con brandelli di camicia.
Appena giunto, fu medicato, fortunatamente era una ferita leggera.

Bravi - disse il comandante - avete portato a termine la missione, però avete disobbedito alla consegna avuta, quindi sarete puniti.

Ebbero entrambi mezza giornata di palo.

Questa era la seconda punizione che si infliggeva in montagna e consisteva nell'essere legati ad un palo o ad un albero per un certo periodo di tempo.

Questo era l'ordine delle punizioni:
1° Richiamo.
2° Palo.
3° Disarmo per un certo periodo, anche in corso di combattimenti.
4° Allontanamento per ordine del comando con divieto alle formazioni di prenderlo in forza, quindi abbandono a se stesso.
5° Fucilazione.

Quest'ultima avvenne nel caso Nello, comandante di brigata, per aver fucilato degli ostaggi e sottratto ottanta mila lire con cui aveva comprato un appartamento.

 

 

 

Brigate Garibaldi - Divisione Armando - Il Comandante di Battaglione Tenente Dartagnan (Alberto Cotti)