Ritorno a Persiceto
Inquadrati, con la bandiera tricolore davanti,
marciammo verso Pavullo, poi fino nei pressi di
Modena.
Qui per ordine del comando generale ci fermammo
qualche giorno in attesa di organizzare la sfilata
nella città.
Approfittando di quella sosta chiesi il permesso di
venire a Persiceto in visita ai miei parenti in
quella casa che consideravo ormai la mia casa.
Ebbi in prestito una bicicletta, mi sbarazzai delle
bombe a mano e, portando solo armi personali, presi
la via del ritorno.
Il viaggio fu lungo, la gente mi fermava
continuamente, vedendomi in divisa americana e con
la striscia tricolore al braccio.
Mi
chiedeva se la guerra era veramente finita.
Erano circa le 23,30 quando arrivai a Persiceto.
Al
buio, in bicicletta, attraversai Corso Italia.
Vicino alla Cassa di Risparmio mi sentii intimare il
"Chi va là".
In un attimo fui dietro una colonna del portico al
riparo, lo sten giù di sicura.
Poi capii che si trattava di un gruppo di partigiani
di ronda.
Mi feci riconoscere, ci salutammo e mi avviai verso
Via Permuta per raggiungere il n. 12.
Fu una grande festa, si alzarono da letto tutti: il
nonno Ernesto,
vecchio socialista, mia sorella Cotti Rosa con il
marito Scagliarini Gino e l'altra sorella Anna che
tante volte avevano rischiato la vita, facendo da
staffetta e portandomi viveri quando ero nei casottí
della
Partecipanza;
si alzò pure mio nipote ed alcuni vicini vennero a
salutarmi.
Si parlò della guerra finita, dei sacrifici fatti,
dei lutti (tanti) che aveva lasciato e delle misere
condizioni in cui aveva ridotti tutti.
Il giorno dopo, prima di ripartire, mi intrattenni
sulla piazza con persone, le quali chiedevano
notizie dei parenti che erano con me in montagna:
Enrico Nicoli (Rico), Dario Forni (Leo) e il caro
amico Serrazanetti Alessandro (Tito).
Mi
chiesero informazioni anche di uno che era morto in
combattimento.
Non glielo dissi. Fui un vigliacco?
Mi ricordai la madre che mi aveva dato le calze
preparate per il figlio e non mi sentii di
dirglielo.
Tornai a Modena per la sfilata finale e la consegna
delle armi.
Quindi mi stabilii a Persiceto definitivamente.
Dissi a Vecchi Enrico, a Zanetti Ariodante, a
Scagliarini Giorgio e ad altri di inoltrare
richiesta per il riconoscimento della qualifica di
"partigiano".
Si rifiutarono, con troppa modestia dissero: - Non
abbiamo fatto nulla, solo il nostro dovere. -
E sì che tante volte avevano rischiato la
fucilazione!
Fronte della Gioventù
Sono stati scritti su molti libri, parziali, ma
anche ampi articoli sulla resistenza e sui vari
gruppi formatisi sotto l'influenza di questo o di
quel partito: Brigate Garibaldi, Matteotti, Fiamme
Verdi, Giustizia e Libertà... Siccome avevano tutti
un comune intento sfociarono in un unico ente che fu
il Comitato di Liberazione Nazionale.
In tutti questi trattati vi è una lacuna o una
dimenticanza ed è quella riguardante i giovani che,
al di là delle ideologie politiche e delle influenze
dei partiti, costituirono un fronte unico
antinazista ed antifascista, chiamato proprio Fronte
della Gioventù.
Esso operò in tutti i campi, d'accordo con gli altri
gruppi, principalmente per arrivare ad una
insurrezione armata, che costituiva l'obiettivo di
tutte queste forze.
A Persiceto si formò un primo gruppo verso la fine
del 1944, il responsabile e coordinatore era
Mordacci Otello, uno spezino, che si era trasferito
da La Spezia nel nostro paese e precisamente all'Accatà
e continuò ad operare fino alla liberazione.
Egli era componente del Comitato di Liberazione
Nazionale, assieme ai rappresentanti di tutte le
associazioni politiche antifasciste.
A
liberazione avvenuta passò ad altro incarico e alla
presidenza del Fronte della Gioventù fui assegnato
io.
Si costituì un comitato comunale che era fra gli
altri composto da Riccardi Sergio, da Suozzi Ettore
dal maestro Muratori, dall'ottimo segretario Risi
Elvio e da Cocchi Gioiele. Quest'ultimo nell'ambito
del Comitato di Liberazione Nazionale rappresentava
il Fronte della Gioventù.
I compiti da eseguire erano immani, il paese era
tutto costellato da macerie, la guerra aveva
lasciato irrisolti tanti problemi materiali e
morali.
Non vi era polizia, infuriava il mercato nero, c'era
chi faceva incetta di generi alimentari nella
penuria già esistente, per mandarli, a prezzi
centuplicati, nelle città, ove ormai la tessera del
razionamento era solo un pezzo di carta, in quanto
tutto era paralizzato se non distrutto.
Arduo era il servizio d'ordine: la guerra aveva
lasciato odi, rancori, ed alcuni vedevano in quei
giorni la possibilità di rivalsa.
Avvenivano spiacevoli fatti come tosare delle donne,
perchè avevano amato un uomo piuttosto che l'altro.
Ancora più gravi furono i fatti di sangue, molto
spesso dovuti a rancori personali, ma anche a sfondo
politico.
Le estorsioni avvenivano in pieno giorno: il morale
e la rettitudine di molte persone erano paragonabili
alle macerie, le bombe avevano demolito anche lo
spirito.
Qui il Fronte della Gioventù si mobilitò in primo
piano, assieme alle altre forze sane per la
ricostruzione del paese.
Si operò, affiancando i due carabinieri disponibili:
Spagnoli Adriano e il collega, unitamente ad altre
forze; per ordine del Comitato di Liberazione
Nazionale, si facevano pattuglie di ronda, poichè si
erano verificati assalti notturni per le strade.
Si
operò pure nello smaltimento delle macerie:
volontariamente gruppi di giovani con a disposizione
carretto e cavallo hanno, per giorni e giorni,
lavorato senza percepire alcuna retribuzione.
Si costituì un giornale locale, diretto
principalmente da Loris Federici dal Rag. Risi, da
Riccardi e dal maestro Muratore, si chiamava "La
cicogna", era un foglio senza pretese, ma che
principalmente serviva a mettere in evidenza le
necessità del paese, a esporne i problemi, cercando
anche dai cittadini i consigli o i suggerimenti per
risolverli.
Poi sorsero i contrasti; i partigiani, che
unitariamente avevano combattuto, subirono
l'influenza dei vari partiti, ne nacquero diversi
tronconi, il principale dei quali è ancora l'A.N.PI.
Così pure il Fronte della Gioventù, subendo queste
influenze, entrò in crisi e in poco tempo si
sciolse, in campo nazionale, provinciale e anche
locale.
Si
disgregò così come altre forze, che grandemente
avevano operato nella lotta, scomparve, ad esempio,
il Partito d'Azione, che rimase organizzato soltanto
in Sardegna.
Dopo qualche decennio altre ideologie si sono
appropriate di quella sigla "Fronte della Gioventù"
e tuttora la fanno esistere, ma con uno spirito
opposto a quello per cui nacque.
Per chiudere è bene sottolineare ancora una volta
che questo gruppo è sorto nella lotta antinazista e
antifascista, come tale ha operato durante
l'occupazione tedesca e dopo la liberazione.
Basta leggere alcuni numeri della "Cicogna", per
rendersene conto. |