Il Partigiano Dartagnan       

 

 


 

 

 

 

Il Partigiano Dartagnan

Capitolo primo

Capitolo Secondo

Capitolo Terzo

Capitolo Quarto

Famiglia Cotti

 

A quella prima riunione, oltre il Samoggia, eravamo in due della Via Permuta.
Occorreva eleggere il comandante ed il vice comandante.
Il che si risolse facilmente:
- Scagliarini, comandante
- Cotti, vice comandante.
Ma per tutto il resto? Arrangiarsi! Armamento? Arrangiarsi!

Dal novembre al dicembre 1943 riuscimmo ad organizzare il gruppo ribelli Via Permuta S.A.P., composto da:
1. Scagliarini Mario
2. Cotti Alberto
3. Serrazanetti Alessandro
4. Zanetti Ariodante
5. Scagliarini Giorgio
6. Scagliarini Riziero
7. Ghèro
8. Vecchi Enrico
9. Cotti "La Mòsa" per i collegamenti con Bologna.
Il gruppo non si riunì tutto al completo che poche volte, ma alla spicciolata, un massimo di tre per volta.
    G.A.P

La base di ritrovo era la casa di Cremonini adatta, sia per le persone fidate che l'abitavano sia perchè isolata e fuori da occhi indiscreti.
L'attività era quella di tutti gli altri gruppi; costituiva un grosso pericolo anche solo uscire di casa, poichè, oltre al coprifuoco (per cui dopo una certa ora nessuno poteva circolare), in molte case coloniche sparse per tutto il territorio, vi erano accantonati dei tedeschi i quali svolgevano sia servizi di sorveglianza che azioni di pattuglia e non si poteva sapere dove.

Vi erano associazioni di partigiani abbastanza numerose capaci di costruire con mezzi di fortuna i chiodi a quattro punte; a pacchi venivano consegnati ai vari gruppi (G.A.P e S.A.P) che, quasi tutte le notti, andavano a seminarli per le strade principali.
Ne risultava un'ecatombe di pneumatici e, di conseguenza, colonne e colonne naziste bloccate.
L'aspetto propagandistico era importante.
Esisteva a Persiceto un imprenditore al quale ci si poteva rivolgere per avere documenti validi sia per circolare che per non rispondere al bando di chiamata alle armi (che il gen. Graziani nel governo di Mussolini a Salò aveva emanato).
L'imprenditore organizzò dei persicetani per recarsi a Baragazza (frazione di Castiglion dei Pepoli) con l'obiettivo di costruire fortificazioni, camminamenti... per quella che sarebbe poi diventata la linea gotica.
Fui incaricato di portare lassù manifesti che, inneggiando alla resistenza, facevano appello ai giovani, perchè andassero coi ribelli.

Addirittura fui invitato anche a fare opera di convincimento attraverso un discorso (era un comizio?).
Mi recai di sera oltre Cà di Landino; vi erano tre baracche in legno, gli operai riposavano. Entrai, molti mi conoscevano. Che cosa dire? Non lo sapevo, non ero in grado di cominciare, non riuscivo a pensare quattro parole convincenti.
Entrai e salutai alzando il braccio con il pugno chiuso e gridai: - Evviva i ribelli! -.

Parlammo; molti di essi li conoscevo, infatti come già detto, erano tutti persicetani che l'impresa Robotti aveva assunto sotto il controllo della Todt.
Perchè c'erano andati? Per non essere deportati in Germania, per non presentarsi alla chiamata alle armi di Graziani, per avere un certificato con timbro tedesco che giustificasse la loro mancata presentazione alla chiamata.

C'erano tanti giovani che conoscevo di vista. Bravi ragazzi.
Mi fermai a parlare con loro, sottolineando che stavano fortificando la futura Linea Gotica, costruendo strade, camminamenti, facendo delle spianate in punti strategici; li invitai ad aderire alla resistenza...
Non vennero in montagna, però poco dopo tutti, in un modo o in un altro, si eclissarono dalla TODT.
  G.A.P.
A volte nelle varie azioni vi erano anche spunti umoristici.

Una sera avemmo il compito di attaccare per tutta Persiceto manifesti antinazifascisti ed inneggianti alla resistenza.
Vecchi Enrico ed io ci organizzammo, avevamo una mantellina verde militare che arrivava alla cintura, sotto, a tracolla, un barattolo di colla con pennello, le tasche della giacca piene di manifestini formato dieci per dieci circa; mentre camminavamo, da sotto la mantella prendevamo un manifesto, col pennello gli davamo un po' di colla e senza fermarci lo si attaccava al muro o alle colonne dei portici.
Avevamo ormai riempito il paese, mancava solo Strada Maestra (ora Corso Italia). Incominciammo da porta Vittoria, in ogni colonna attaccavamo un manifesto.
Non una luce, buio assoluto, si girava per conoscenza, non perchè si intravedesse qualcosa.
Eravamo arrivati all'incrocio di Via Giulio Cesare Croce, due della brigata nera sbucarono a destra, con passo spedito, anche se un poco avvinazzati (usciti dall'osteria Cacciatore "al fòm"), lo scontro fu inevitabile, fu un abbraccio, ma noi avevamo il manifesto in mano pronto, già spalmato di colla e fummo obbligati ad appiccicarglielo nella schiena.
Noi non aprimmo bocca, loro non se la sentirono di darci l'alt e così continuammo il nostro lavoro, raggiungendo Porta Garibaldi.
In questo periodo eravamo armati di due pistole, ma occorreva armare veramente il gruppo, prepararlo per l'eventuale sollevazione, quando l'occasione si fosse presentata.

Si riunì il gruppo quasi al completo e forse fu l'unica volta, sull'argine della bonifica in Via Accatà, dietro casa Zanetti, la discussione fu ampia; argomento: le armi, dove prenderle?

Lungo la linea ferroviaria Bologna-Brennero, per evitare che i ribelli facessero saltare tratti di binari, i nazisti avevano istituito un servizio di polizia, con uomini armati di fucili con due caricatori ognuno.
Decidemmo di assaltare i poliziotti e prendere le loro armi.
Ma noi su cosa contavamo come armamento? Una pistola Beretta 7,65 con un caricatore, una rivoltella, dissepolta dopo tanti anni e che quindi presentava solo la sagoma, che non avrebbe mai sparato (per fortuna), altrimenti il pericolo sarebbe stato per chi l'impugnava.

Nonostante l'armamento, l'azione si fece lo stesso, inutile però far partecipare tutto il gruppo. Si andò in cinque: Scagliarini Giorgio, Zanetti Ariodante, Cotti Alberto ed altri due.
Ci trovammo sul ponte a mezzanotte io e gli altri compagni: era un buio perfetto, non ci si vedeva a mezzo passo di distanza. Dal canale usciva una nebbia grigia, che rendeva ancor più confusa la scena.
Prendemmo gli ultimi accordi.
Fu in questo momento che due dei nostri compagni ci lasciarono, perchè non se la sentivano di agire quella sera.
Restammo in tre, ma decisi come trenta.
Si trattava di disarmare cinque dei così detti "polizai", che facevano la guardia alla ferrovia. Questi erano armati di moschetto con due caricatori ciascuno (come già accennato), mentre noi non avevamo che una Beretta con sei colpi, una pistola a rotazione scarica e per di più rotta ed un bastone tenuto sottobraccio a mo' di mitra.

C'incamminammo lentamente con circospezione lungo la banchina del canale; l'erba era tutta bagnata e si scivolava maledettamente.

 

 

 

Brigate Garibaldi - Divisione Armando - Il Comandante di Battaglione Tenente Dartagnan (Alberto Cotti)